L’acquedotto di Colognole tra funzionalità e monumentalità

Nello scorso episodio abbiamo parlato dello sviluppo della città sotto il dominio lorenese. Analizzeremo oggi una delle opere più significative di quel periodo: l’acquedotto di Colognole.

Il Cisternone

Definito da Matteoni come il grande “castello d’acqua“, esso provvedeva a raccogliere le acque provenienti da Colognole nelle fonti di città, garantendo, in caso di guasti, l’approvvigionamento idrico cittadino. Fu concepito anche come ingresso monumentale alla città, ispirato a edifici termali romani.

La scelta di presentare una cupola sezionata esprime la volontà dell’architettura di mantenere fortemente un ruolo, di vincolare a un’immagine trasgressiva e insieme monumentale un’attrezzatura di servizio per la città. Il Cisternone ha la più grande delle vasche di raccolta idrica della città, tutt’oggi funzionante, sul fondo della quale è scritto:

Me – saluberrimas acquas – in Liburnensium commodum- servaturam – Leopoldus II M. E. D. – fecit – opere Pasch. Poccianti arch. flor

La cisterna ha una copertura fatta da quarantadue volte a vela, sostenute da cinquantasei pilastri. Il prospetto del Cisternone è costituito da un portico a otto colonne alte sei metri, in stile tuscanico, e una suggestiva semicupola cassettonata al cui interno dovevano essere posizionate due grandi statue di marmo raffiguranti le due sorgenti che approvvigionavano di acqua il serbatoio. Queste due statue, realizzate in gesso, si deteriorarono con il passare del tempo e furono quindi tolte.

Il Cisternino di città

Elegante esempio di architettura neoclassica nel contesto cittadino, il Cisternino costituisce l’ultima delle tre grandi cisterne progettate da Pasquale Poccianti. Il progetto fu approvato nel 1837 e i lavori vennero portati a compimento solo nel 1848. La cisterna doveva ricevere l’acqua dall’Acquedotto di Colognole per poi alimentare, attraverso un sistema di condotti e gallerie progettato dall’architetto livornese Angelo della Valle, le fontane cittadine. Tuttavia, l’edificio non entrò mai in uso a causa della demolizione delle fortificazioni e della realizzazione della Piazza della Repubblica, sopra il Fosso Reale, che con la sua volta avrebbe ostacolato il passaggio delle condotte provenienti dalla vicina Gran Conserva.

La pianta è rettangolare con abside semicircolare che si innesta sulla facciata occidentale; su un lato, una piccola porta conduce all’interno e un tempo, prima della costruzione della facciata sul lato settentrionale, essa rappresentava l’unico ingresso alla cisterna. Sul massiccio basamento si alza, sul lato prospiciente Via Grande, un elegante loggiato di ispirazione ionica.

L’interno ha subìto notevoli modifiche e il soppalco installato nel dopoguerra ha di fatto cancellato la volumetria della piccola vasca. La volta di copertura è sostenuta dal susseguirsi di setti murari, a differenza delle altre cisterne, dove le volte poggiano su pilastri a pianta quadrata.

Il Cisternino di Pian di Rota

È noto come il “purgatorio in Pian di Rota” per la sua funzione di filtro e raccolta delle acque provenienti dalle sorgenti di Colognole, che, proseguendo lungo le canalizzazioni sopra gli archi, arrivavano fino al Cisternone di Livorno.

L’edificio, in stile neoclassico, fu completato nel 1852 su progetto di Pasquale Poccianti (iniziato sotto il Granduca Ferdinando III di Lorena e terminato sotto Leopoldo II). La pianta è a forma di quadrilatero con absidi semicircolari ai lati. La facciata è alleggerita da un pronao con colonne d’ordine tuscanico sormontato da frontone. L’interno è suddiviso in due vasche, una adibita a serbatoio e l’altra alla depurazione delle acque, grazie alla presenza di carbone e ghiaia. Lo ricopre un sistema di volte a vela sostenuto da 28 pilastri.

Alla fine della seconda guerra mondiale l’edificio perse la sua funzione originale e fu adibito a magazzino. Dopo il restauro del 2008 il Cisternino è stato adibito a sala di esposizione.

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